1. Parliamo di tumore alla prostata: quanti casi si stimano in Italia ogni anno?    

Nel 2015 in Italia sono stati diagnosticati 44500 nuovi casi, primo tumore per incidenza nell’uomo.

2. Quanto incide la diagnosi precoce sulla mortalità?

L’associazione in sequenza di PSA-biopsia prostatica-terapia ha portato ad una diminuzione di circa il 20% della mortalità per tumore della prostata (circa 8500 persone in Italia nel 2015). Attualmente una volta diagnosticato il tumore le opzioni sono svariate e dettate dal grado della malattia diagnosticata con la biopsia (Gleason score). Oltre alle terapie radicali (chirurgiche e radioterapiche) e non (ormonoterapia) in alcuni casi, rispettando precisi criteri di inclusione, è possibile attuare una sorveglianza attiva con monitoraggio dei dati biochimici e ripetizione nel tempo della biopsia.

3. E sulla qualità di vita?

Forse questo è l’aspetto più importante della diagnosi precoce: la qualità di vita è migliorata di molto e si vedono sempre di meno quei tumori in stato molto avanzato al momento della diagnosi per i quali le cure risultavano solo palliative. Per contro bisogna considerare che la diagnosi precoce ha anche portato ad un “over treatment” di tumori indolenti con andamento “tranquillo” con conseguente, in questi casi, peggioramento della qualità di vita.

4. PSA a tutti gli uomini?

No. L’indirizzo attuale, frutto di studi su migliaia di pazienti, non è quello di fare il PSA a tutti gli uomini (screening di massa), ma quello dello “screening spontaneo” nel soggetto asintomatico. Chi decide di intraprendere il percorso diagnostico-terapeutico deve saper quali sono gli effetti, positivi e negativi, dei procedimenti a cui verrà sottoposto.

A questo proposito stiamo pensando di offrire ai soggetti che afferiscono all’ambulatorio una informativa che chiarisca rischi e benefici del percorso ancor prima di effettuare il dosaggio del PSA.

Schematicamente possono quindi accedere ad uno screening spontaneo uomini asintomatici

  • di età compresa tra 50 e 75 anni di età e con aspettativa di vita maggiore di 10 anni
  • di età inferiore ai 50 anni se con fattori di rischio (famigliarità e razza)

Diverso è il discorso per il paziente sintomatico che si deve rivolgere ad un ambulatorio urologico il cui compito sarà quello di consigliare l’approccio diagnostico e di trattare i sintomi.